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Il pH nel vino: storia, teoria e gestione in cantina e in vigneto

Il pH è uno dei parametri più rilevanti nella chimica del vino, capace di influenzarne colore, freschezza, stabilità, longevità e anche l’efficacia dei trattamenti di cantina. Comprendere che cos’è, come si misura e come varia durante la vinificazione è indispensabile per ogni enologo e per chiunque voglia approfondire la complessità di un vino.

Questo articolo analizza la storia del concetto di pH, le basi teoriche, le variazioni durante la produzione e il ruolo nelle principali forme di stabilità enologica: tartarica, calcica e proteica. Inoltre, approfondisce le strategie di gestione in cantina e in vigneto, con riferimento alle innovazioni moderne e alla gamma Oenoterris di Oenofrance.

 

Cenni storici sull’acidità e pH del vino: dall’uva alla chimica moderna

La relazione tra acidità e vino è antichissima. Greci e Romani distinguevano vini “agresti” da vini più morbidi, osservando effetti di suolo, clima e maturazione dell’uva. Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia menzionava vini più acidi e più durevoli, intuendo il ruolo della composizione chimica senza conoscerla.

Durante il Medioevo, i monaci delle abbazie osservavano empiricamente che i vini più acidi resistevano meglio al tempo e alle contaminazioni, intuendo l’effetto protettivo naturale dell’acidità del vino.

Tra Ottocento e Novecento, l’analisi chimica dei vini iniziò a svilupparsi: la titolazione degli acidi e la misurazione della densità permettevano una prima comprensione quantitativa delle caratteristiche acide dei vini.

La vera svolta scientifica arrivò nel 1909 con Søren Sørensen, che introdusse il concetto di pH, definito come il logaritmo negativo della concentrazione di ioni idrogeno (H⁺) in soluzione. Da allora l’enologia dispone di uno strumento preciso per correlare acidità, stabilità microbiologica e qualità del vino.

 

Cos’è il pH nel vino

Il pH indica la concentrazione di ioni idrogeno in una soluzione: – valori bassi (0–6) → soluzione acida, – valore 7 → neutro, – valori alti (8–14) → soluzione basica.

Nel vino il pH varia tipicamente tra 2,9 e 4,0, con differenze di pochi decimi che possono influenzare profondamente stabilità e organolettica.

pH vs acidità totale dl vino

  • Acidità totale: misura quanti acidi organici sono presenti (g/L).
  • pH: misura la forza di questi acidi, cioè quanti ioni H⁺ rilasciano effettivamente.

Due vini con la stessa acidità totale possono avere pH diversi in base al tipo di acidi e ai sali minerali presenti.

 

Acidi principali nel vino e ruolo sul pH

Gli acidi organici sono i veri protagonisti dell’equilibrio gustativo e chimico del vino. Non tutti gli acidi, però, si comportano allo stesso modo: alcuni sono più forti e influenzano maggiormente il pH, altri sono più deboli e contribuiscono alla complessità aromatica e alla struttura. La loro presenza e concentrazione dipendono da molteplici fattori: la varietà dell’uva, il grado di maturazione, le condizioni climatiche della stagione, le caratteristiche del suolo e i processi fermentativi. Durante la vinificazione, questi acidi subiscono trasformazioni importanti che modificano l’acidità percepita e il pH finale del vino. Comprendere quali sono gli acidi principali, come interagiscono tra loro e come la loro presenza influenzi il pH è fondamentale per interpretare correttamente le analisi di laboratorio e prevedere l’evoluzione del vino. Inoltre, la presenza di cationi come potassio e calcio può formare sali con questi acidi, alterando ulteriormente l’equilibrio acido-base del vino.

  • Tartarico: principale, determina buona parte della freschezza e della stabilità. Può precipitare come bitartrato di potassio.
  • Malico: abbondante in uve immature e climi freschi. La fermentazione malolattica lo trasforma in lattico.
  • Lattico: più debole, conferisce morbidezza e abbassa l’acidità percepita.
  • Citrico: tracce, metabolizzato dai batteri lattici in parte come acido acetico.
  • Acetico: responsabile della volatile; piccole quantità danno complessità, in eccesso difetto.

I cationi come potassio e calcio formano sali con gli acidi, modificando l’acidità libera e influenzando il pH.

 

Come varia il pH del vino durante la vinificazione

Il pH del vino non è un valore statico, ma un parametro dinamico che evolve costantemente dall’uva in vigna fino al vino imbottigliato. Ogni fase della vinificazione porta con sé trasformazioni chimiche e biologiche che modificano l’equilibrio acido-base: la fermentazione alcolica produce nuovi acidi, la fermentazione malolattica trasforma quelli esistenti, l’affinamento può causare precipitazioni saline che alterano l’acidità libera. Monitorare queste variazioni è essenziale per comprendere lo stato di salute del vino e anticipare eventuali problematiche. Un pH che aumenta troppo rapidamente può segnalare contaminazioni o fermentazioni indesiderate, mentre un pH che si stabilizza ai valori ottimali indica un’evoluzione equilibrata. Conoscere le fasi critiche in cui il pH tende a variare maggiormente permette all’enologo di intervenire al momento giusto, preservando la freschezza, la stabilità microbiologica e le caratteristiche organolettiche desiderate. Vediamo nel dettaglio come il pH si modifica in ciascuna tappa del processo produttivo.

  1. Uva alla raccolta: pH 2,8 – 3,5, influenzato da maturazione, varietà, clima e suolo.
  2. Fermentazione alcolica: leggero calo del pH per produzione di acidi (succinico, acetico) e liberazione di CO₂.
  3. Fermentazione malolattica: acido malico → lattico + CO₂; pH sale di 0,1–0,3 unità.
  4. Affinamento: precipitazioni tartariche riducono acidità libera e innalzano pH; ossidazioni o contaminazioni lo possono aumentare ulteriormente.
  5. Vino pronto:
    • Rossi: 3,4–3,7
    • Bianchi: 3,0–3,4
    • Spumanti: <3,0 per freschezza e longevità

Effetti pratici del pH

  • Stabilità microbiologica: pH <3,2 ostacola batteri indesiderati; pH >3,6 aumenta rischio di alterazioni.
  • Stabilità chimico-fisica: influenza colore, solubilità sali tartarici e suscettibilità a ossidazione.
  • Sensazioni organolettiche: pH basso → freschezza e acidità marcata; pH alto → morbidezza e minore longevità.
  • Efficacia della SO₂: a pH basso, frazione molecolare attiva maggiore → protezione migliore.

 

pH e stabilità del vino

La stabilità del vino rappresenta una delle sfide più complesse per l’enologo: un vino può essere perfetto al momento dell’imbottigliamento, ma sviluppare difetti durante la conservazione se non adeguatamente stabilizzato. Il pH gioca un ruolo fondamentale in tre forme principali di stabilità che ogni produttore deve saper gestire: quella tartarica (legata alla precipitazione di cristalli), quella calcica (relativa ai sali di calcio) e la stabilità proteica del vino (che può causare intorbidimenti nei vini bianchi e rosati). Comprendere come il pH influenzi ciascuna di queste forme di instabilità permette di prevenire difetti, proteggere la qualità del prodotto e garantire che il vino mantenga le sue caratteristiche organolettiche nel tempo. Vediamo nel dettaglio come il pH interagisce con questi tre aspetti cruciali della stabilità enologica.

Stabilità tartarica

  • pH basso → maggiore solubilità sali → minor rischio cristalli.
  • pH alto → rischio maggiore; necessaria stabilizzazione tartarica (freddo, CMC, mannoproteine, elettrodialisi).

Stabilità calcica

  • Sopra pH 3,6 → rischio maggiore di precipitazioni di tartrato o ossalato di calcio.
  • pH basso → fenomeni meno frequenti.

Stabilità proteica

  • Proteine instabili più problematiche nei bianchi/rosati.
  • pH 3,0–3,3 → proteine più disperse.
  • pH >3,5 → rischio maggiore in combinazione con calore/metalli; chiarifica più necessaria.

 

Misurare il pH del vino in cantina

La misurazione accurata del pH è il punto di partenza per qualsiasi decisione enologica consapevole. Conoscere il valore esatto del pH in ogni fase della vinificazione permette all’enologo di intervenire tempestivamente, prevenire problemi e ottimizzare i trattamenti. Oggi la tecnologia offre diversi misuratori di pH del vino, dalla più semplice cartina tornasole ai sofisticati pHmetri da laboratorio, ciascuna con vantaggi specifici in termini di praticità, precisione e costi. La scelta dello strumento dipende dalle esigenze della cantina, dal livello di precisione richiesto e dalla frequenza delle misurazioni. Tuttavia, indipendentemente dal tipo di strumento utilizzato, la corretta calibrazione e manutenzione sono fondamentali per garantire dati affidabili su cui basare le proprie scelte produttive.

  • Cartine: orientative.
  • pHmetri portatili: precisi, pratici.
  • pHmetri da laboratorio: massima precisione.

Taratura con soluzioni tampone essenziale.

 

Gestione del pH di vino bianco e rosso in cantina

Gestire il pH in cantina significa orchestrare una serie di interventi mirati che iniziano ancor prima della vendemmia e proseguono fino all’imbottigliamento. Non si tratta semplicemente di correggere un valore fuori range, ma di comprendere le dinamiche evolutive del vino e anticipare i cambiamenti che avverranno durante le diverse fasi di lavorazione. L’enologo moderno dispone di un ventaglio di strategie e strumenti: dalla scelta del momento ottimale di raccolta all’acidificazione o disacidificazione controllata, dalla gestione della fermentazione malolattica ai trattamenti di stabilizzazione. Ogni intervento deve essere calibrato sul tipo di vino che si desidera ottenere, rispettando i limiti di legge e privilegiando un approccio preventivo piuttosto che correttivo. Una gestione consapevole del pH del vino non solo previene difetti e instabilità, ma permette di esaltare il carattere distintivo di ogni vino, preservandone freschezza, longevità e identità territoriale.

  • Vendemmia: anticipare per preservare acidità.
  • Acidificazione: acido tartarico, entro limiti di legge.
  • Disacidificazione: carbonati o malolattica parziale.
  • Gestione fermentazione malolattica: condotta o bloccata in funzione dello stile e pH.
  • Stabilizzazione tartarica e proteica: riducono rischio cristalli e torbidità.
  • SO₂ calibrata: il dosaggio dipende dal pH.

 

Innovazioni e tendenze moderne

Negli ultimi anni, l’enologia ha beneficiato di strumenti e tecnologie sempre più sofisticate per monitorare e intervenire sul pH e sulla stabilità del vino.

Analisi predittiva e sensori avanzati

  • Sensori digitali nei serbatoi permettono monitoraggio in tempo reale del pH e della temperatura.
  • Pianificazione di interventi mirati come acidificazione o aggiunta di SO₂.

Uso di enzimi specifici

  • Pectolitici e glucanasi: migliorano filtrabilità e riducono torbidità proteiche e colloidali.
  • Liberazione di acidi organici dai precursori naturali per equilibrio acido stabile.

Mannoproteine e stabilizzazione tartarica

  • Riduzione della precipitazione di bitartrati in vini con pH elevato.
  • Maggiore stabilità del colore e miglioramento della sensazione di corpo.

Microfiltrazione

  • Rimozione di sospensioni e microrganismi senza alterare acidi e aromi.
  • Stabilizzazione tartarica e proteica delicata.
  • Ottimizzazione della gestione del pH riducendo interazioni indesiderate.

Approccio integrato e sostenibile

  • Minore utilizzo di correttivi chimici grazie a combinazione di monitoraggio, enzimi e mannoproteine.
  • Personalizzazione della gestione del pH per vitigno, territorio e stile di vino.

 

Gestione del pH in vigneto: la gamma Oenoterris®

La gestione del pH in vigneto influenza direttamente la qualità finale del vino. La gamma Oenoterris di Oenofrance offre prodotti e strategie per mantenere un equilibrio ottimale già nelle uve.

Perché intervenire in vigneto per gestire il pH del vino

  • Controllo del pH: riduce aggiustamenti in cantina.
  • Stabilità tartarica e proteica: pH equilibrato favorisce vini più stabili.
  • Fermentazione malolattica: pH adeguato facilita i batteri lattici.

Prodotti della gamma Oenoterris

OENOTERRIS® FLEUR

  • Ottimizza la fioritura, migliorando nutrizione e resistenza agli stress.
  • Contribuisce a maturazione equilibrata e pH ideale.

OENOTERRIS® AROME

  • Stimola sintesi dei precursori aromatici.
  • Mantiene equilibrio acido nelle uve.

OENOTERRIS® EXPRESSION

  • Ottimizza potenziale polifenolico delle varietà nere.
  • Favorisce equilibrio tra zuccheri e acidi, influenzando positivamente pH.

Benefici pratici di abbassare il pH del vino in vigneto

  • Vini più equilibrati già in partenza.
  • Maggiore stabilità tartarica e proteica.
  • Migliore predisposizione alla fermentazione malolattica.

Approccio integrato

  • Combinazione di pratiche agronomiche, nutrizione mirata e monitoraggio continuo.
  • Garantisce qualità sensoriale e stabilità complessiva.

 

Gestire il pH del vino: chiedi consiglio agli esperti

Il pH è un parametro cruciale, legato a freschezza, stabilità microbiologica, tartarica, calcica e proteica, colore e longevità. Gestirlo correttamente, sia in cantina sia in vigneto con strumenti come la gamma Oenoterris, significa proteggere il vino, valorizzarlo e interpretarne il potenziale. L’enologo e il viticoltore, leggendo e controllando il pH, comprendono il linguaggio intimo del vino, assicurando equilibrio, qualità e durata. Chiedi consiglio agli esperti Hobby Cantina su come gestire il pH del vino. 

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